La paura di nuovi contagi unita alla speranza di un vaccino entro fine anno segna il sentiment instabile degli investitori sui mercati. Più nel dettaglio, ad ostacolare la ripresa è un quadro economico poco rassicurante: secondo le prospettive economiche dell’Ocse, il Pil dell’Eurozona diminuirà del 7,9%, prima di tornare a crescere al 5,1% nel 2021. Tuttavia, seppur incerta, la crescita degli ultimi mesi ha scongiurato lo scenario peggiore che mostrava una contrazione del Pil mondiale del 5%.
In un questo contesto di grande incertezza, dopo il rialzo repentino di agosto, i mercati finanziari hanno tirato il freno. Nella prima settimana di settembre si sono infatti registrate performance negative su tutte le piazze finanziarie. I principali indici americani hanno chiuso in forte calo. Il Dow Jones ha ceduto il 2,78%, l’S&P500 ha perso il 3,51%, mentre il Nasdaq, nella giornata di giovedì 3, ha addirittura perso il 5%, trascinato al ribasso dai big tecnologici. Nello specifico, Apple (una delle società a maggiore capitalizzazione del listino) ha subito il più forte crollo da metà marzo (-8%). Come sovente accade, il tonfo di Wall Street ha penalizzato anche le borse europee. Il FTSE MIB ha chiuso in rosso a -1.54%. Debole anche Parigi, che chiude a -0,44%, nonostante la notizia del lancio del piano da 100 mld (France Relance) avesse scaldato il mercato in apertura.
Il riavvio di settimana non è di certo dei migliori. Oltreoceano si teme lo scoppio di una nuova bolla tecnologica, come testimoniato dal trend negativo che sta investendo il comparto, al quale si somma un ulteriore peggioramento delle già tese relazioni commerciali tra Cina e Usa. I peggiori sono Apple e Tesla, che affonda a Wall Street, arrivando a perdere il 21%, in seguito alla decisione di non includere il titolo nell’S&P500. Solo nella giornata di mercoledì 9 si arresta la caduta dei principali indici americani, permettendo alle borse europee di tirare un sospiro di sollievo. Sul fronte del Vecchio Continente pesano le parole di Christine Lagarde, che nella riunione di giovedì 11, senza sorprese, ha lasciato invariati i tassi d’interesse e ha confermato gli acquisti di asset per 20 miliardi al mese fino a dicembre. I mercati hanno reagito, chiudendo sotto la parità. Piazza Affari è l’unica positiva (+0,25%), tirata dal titolo Nexi (+6,81%) e dai titoli bancari. Sul finire di una settimana piuttosto movimentata, i listini europei resistono alla volatilità dei mercati americani, chiudendo tutti in territorio positivo.
Il rimbalzo dei titoli tech arriva nella giornata di lunedì 14. Tuttavia, l’incertezza sui mercati rimane costante con la gran parte degli investitori, che hanno mostrato un atteggiamento prudente. Questo sentiment è anche una conseguenza dell’andamento del numero dei contagi in continua crescita. Israele è nuovamente in lockdown. Non di meno Francia, Spagna e Gran Bretagna non escludono una seconda chiusura.
In questo quadro già parecchio incerto va inoltre considerata la stagionalità di settembre: storicamente è il mese peggiore per investire, come mostrato da uno studio condotto da Bank of America Merril Linch.
Il grafico mostra l’andamento del rendimento medio mensile dell’S&P500 a partire dal 1928. È evidente un andamento più che positivo da ottobre a gennaio e nei mesi estivi. Invece, il mese di settembre è il peggiore come ritorni sul mercato azionario.
Nelle scorse settimane abbiamo quindi visto quella che in gergo chiamiamo correzione di mercato. Normalmente con correzione si intende il movimento al ribasso, compreso tra il 5% e il 20%, del corso di un titolo che si verifica in un periodo di rialzo di mercato. Effettivamente, come si vede dal grafico, questo andamento ha bloccato il generale trend positivo che ha cavalcato i mercati da inizio aprile.
La correzione di mercato non è da confondere con la fase di mercato caratterizzata dal ribasso generalizzato dei prezzi, per più del 20%, definita come mercato orso (mercato ribassista).
È facile in questo senso chiedersi se la contrazione di febbraio sia stata l’inizio di un mercato orso oppure una correzione. Probabilmente più che un mercato orso, è stata una forte correzione, che ha frenato un trend positivo cominciato nel 2009. Dopo la brusca flessione di febbraio, una reazione del mercato è arrivata, riportando l’indice S&P500 ai massimi storici.
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