Da alcuni anni il concetto di ESG viene associato a vari contesti e settori. Nel momento in cui Environmental, Social e Governance è collegato al mondo finanziario il riferimento interessa principalmente l’attività di includere tra gli investimenti finanziari, prodotti “sostenibili” come fondi ESG, che investono in titoli rispettosi dell’ambiente, delle energie sostenibili e di tutto ciò che può considerarsi green. Come in molte circostanze, anche per questo tipo di attività esiste uno scenario negativo, rappresentativo dell’altro lato della medaglia. Questo può essere riassunto nel termine “green washing”.
Con “green washing” si intendono l’insieme di processi svolti da società finanziarie che danno una falsa impressione rispetto ai prodotti ESG che propongono o che forniscono informazioni erronee riguardo al grado di sostenibilità della società stessa. Indubbiamente, una forte attenzione è ricaduta negli ultimi anni su questo concetto, a seguito delle numerose normative in tema emanate dalla Commissione Europea ma anche per via dell’aumento di transazioni aventi per oggetto degli strumenti ESG. Una ricerca della Global Sustainable Investment Alliance, realizzata nel 2020, stima una crescita di 14 miliardi nei flussi ESG a livello europeo e un valore totale degli investimenti globali sostenibili pari a $35 trilioni. Tra le ragioni che hanno guidato la notorietà del “green washing” vi è però un fatto specifico, che durante la scorsa estate ha interessato le principali pagine delle riviste finanziarie e ha posato una lente d’ingrandimento sull’operatività di Deutsche Bank Group.
Lo scorso 26 agosto, il Wall Street Journal riportava di una attività d’investigazione da parte della US Securities and Exchange Commission e di BaFin (autorità tedesca di supervisione finanziaria) nei confronti di DWS, il fondo di gestione sotto la proprietà del colosso bancario tedesco. Nello specifico, DWS è stato oggetto di accuse da parte di Desiree Fixler, ex responsabile alla sostenibilità. Secondo quanto dichiarato dalla Fixler, DWS avrebbe sovrastimato i criteri sulla base dei quali viene classificata la sostenibilità del fondo e dei suoi prodotti. Un ammontare di $1 trilione è sotto il controllo delle autorità. DWS, seconda società di gestione europea quotata, ha rigettato le accuse e ogni insinuazione rivolta dalla Fixler, ciò nonostante, la notizia ha portato ad un immediato effetto da parte dei mercati e degli investitori che hanno dirottato il prezzo del titolo ad un -13% nella sola giornata dell’annuncio. Questo tipo di attività illecite può condurre però ad ulteriori effetti negativi, considerati ben più preoccupanti di una discesa nel valore delle azioni. Tra questi vi sono il rischio di un calo nella fiducia verso gli investitori finanziari e la possibilità che vi sia una contrazione nella sottoscrizione di prodotti green. In tal caso è evidente che il “green washing” non minaccerebbe la sola stabilità individuale di una società ma l’intero equilibrio del mercato. Da quest’anno, nuove direttive della Commissione Europea entreranno in vigore in quanto parte del 2020 Circular Economy Action Plan. Questo documento insegue l’obiettivo di introdurre un sistema legislativo capace di regolamentare il “green washing”, in primo luogo imponendo alle società metodi standard per quantificare e valutare prodotti sostenibili. L’insieme di norme e interventi rappresentano indubbiamente uno step fondamentale nel combattere certe azioni, il tutto andrebbe però opportunamente integrato con un’attività interna alle società in modo da prevenire qualunque tipo di errore involontario o meno.
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