In un contesto come quello odierno, sempre più “green oriented” e allo stesso tempo attento alle performance, è inevitabile l’integrazione di metodologie di selezione di strumenti finanziari che tengano conto, nell’ambito delle scelte di investimento, di fattori ESG per il perseguimento di obiettivi di crescita sostenibile. Ripercorrendo il percorso d’origine, gli strumenti in questione trovano le loro origini nel lontano 1928, quando nasce in America il primo Fondo “etico” (Pioneer Fund), il quale orientava le proprie scelte di investimento escludendo le imprese operanti nel settore del tabacco, dell’alcool e del gioco d’azzardo. L’attenzione verso le tematiche legate alla finanza responsabile inizia a crescere anche in Europa a partire dagli anni ’80, ma solo nel successivo decennio nascono i primi indici di tipo sostenibile.

Per comprendere in modo effettivo il significato di ESG è possibile esaminare nel dettaglio questo acronimo: Environmental, Social and Governance.

Il primo elemento riguarda l’ambiente alludendo alla struttura del soggetto economico verso il quale si è intenti destinare i propri investimenti. E’ strutturalmente dipendente dai combustibili fossili? Smaltisce correttamente i rifiuti? Ha un’impronta idrica elevata?

Queste e molte altre domande incidono nell’identificazione del contributo che il soggetto economico apporta nella valutazione dei rischi ambientali, comprendenti quello climatico, di emissioni di CO2 e di inquinamento.

La seconda dimensione, quella sociale, è attinente a dinamiche più “interne” come ad esempio le condizioni di lavoro dei dipendenti, l’attenzione alla sicurezza sul luogo di lavoro, i conflitti con la comunità locale e la tutela delle diversità tra i dipendenti.

L’ultimo pilastro riguardante la governance, mira a degli obiettivi di trasparenza dell’organo direttivo aziendale ed in particolare eventuali coinvolgimenti in scandali legati alla corruzione, alle procedure di controllo e più in generale alle pratiche di governo societarie.

L’analisi di questi fattori consente diversi tipi di classificazioni:

  • La selezione negativa o l’esclusione dal fondo o dal portafoglio di certi settori, sulla base di criteri specifici ESG (ese. Settore bellico, del tabacco, degli alcolici).
  • La selezione positiva o best in class che mira alla selezione delle migliori aziende dal punto di vista ESG all’interno di un determinato settore.
  • La selezione su base normativa prevede la selezione degli investimenti sulla base del rispetto di norme e standard internazionali.

Nella prassi comune i gestori prediligono attualmente una strategia di selezione negativa o ad esclusione per la semplicità di applicazione.

Ponendo l’attenzione sui principali indici etici è facilmente osservabile come questi rappresentino una sorta di certificazione di qualità sull’impegno sociale e ambientale per le società che ne fanno parte, garantendone allo stesso tempo una buona visibilità.

La comparabilità con gli indici tradizionali risulta agevole grazie al processo di formazione dell’indice che prevede gli stessi criteri di composizione e di calcolo di un qualsiasi indice tradizionale.

Avendo descritto i tratti caratteristici di questi strumenti è lecito chiedersi se la nobiltà di scelta d’investimento riesca da sola ad orientare le scelte d’investimento comuni.

La risposta appare scontata, dato che la ricerca di performance finanziarie positive è la guida per gli investitori.

È indubbio l’apporto positivo degli investimenti che rispettano i criteri ESG hanno per persone, ambiente e società ma non si può con assoluta certezza dire lo stesso in termini di premi in termini di performance.

Gli studi accademici sembrano protendere per la maggior parte a sostegno dell’esistenza di una correlazione positiva tra la performance finanziaria delle società e l’ESG score.

 

 

Analizzando i rendimenti dell’indice azionario mondiale rappresentato da l’MSCI WORLD si evince l’andamento speculare con l’indice MSCI World ESG Leaders, dimostrando come non sempre perseguire un nobile scopo si traduce necessariamente in un costo in termini di performance.

L’interesse verso gli strumenti finanziari “sostenibili” è aumentata sensibilmente nel corso degli anni, tanto da tramutare quelle che potevano essere delle opportunità di investimento in necessità alle quali in futuro, i gestori, potranno difficilmente rinunciare.

Il percorso sembra essere ben tracciato nonostante il lavoro da compiere è ancora parecchio soprattutto dal punto di vista del coinvolgimento e dell’educazione finanziaria legata alla finanza sostenibile.

Stando ad una recente ricerca realizzata da FINER Finance Explorer, in collaborazione con ASSOGESTIONI, è dimostrata la crescita della sensibilità legata a questi temi ma al momento rimane circoscritta ai segmenti di clientela con maggiori disponibilità finanziarie, visione ed istruzione, evidenziando una latenza informativa per il mercato di massa.

Sarà dunque fondamentale nei prossimi anni, lo sviluppo di una cultura finanziaria che ponga maggiore attenzione alla sostenibilità ed una promozione da parte dei singoli operatori tale da creare un nuovo driver competitivo per l’industria.

 

Source: Data Provided by FactSet

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