Sin dall’inizio della crisi del 2008, le banche italiane hanno dimostrato di poter trascinare il sistema economico nazionale. In un periodo di difficoltà economica e finanziaria, emerge il rischio di un peggioramento nel merito di credito della clientela, che di conseguenza porta all’aumento di crediti deteriorati in pancia alle banche. Le situazioni di crisi hanno un impatto dirompente sulla capacità di famiglie e imprese di adempiere i propri debiti o obblighi contrattuali nei confronti di un terzo o una banca, minando la stabilità dell’intero sistema finanziario. Va da sé che il bilancio delle banche possa risentirne, determinando in ultima istanza una contrazione della concessione di credito alla clientela.

Il Covid-19 sta facendo dilagare l’incertezza, ma almeno per il momento. Gli istituti di credito stanno affrontando una crisi della domanda, che non ha però ancora compromesso il lato dell’offerta. È evidente che non si tratti di una crisi finanziaria, ma piuttosto di una crisi economica di breve termine, per cui non è chiara la prospettiva di ripresa futura. Questa potrebbe essere rappresentata da un andamento a V, scenario fortemente negativo con rimbalzo nel breve, oppure potrebbe assomigliare a una U, con una fase negativa, che può durare più mesi, con ripresa meno veloce.

Il settore bancario è abbastanza forte da resistere alla crisi Covid-19?

Il Paese risulta essere molto indebitato (lo era già prima di febbraio) e questo spaventa gli istituti di credito e gli investitori. L’ammontare del debito è elevato, pari a 134,8% del PIL, secondo i risultati di fine al 31 dicembre 2019 e le previsioni secondo il DEF del 2020 non sono per nulla rassicuranti, dal momento che è previsto un rapporto debito pubblico PIL a fine 2020 pari a 155,7%. Nel caso in cui le stime di riduzione del PIL (tra il -8% e il -10%) dovessero verificarsi, il rapporto lieviterà ulteriormente.

Per definizione il debito pubblico rappresenta il debito che lo Stato ha nei confronti di famiglie, imprese, banche e banche centrali. Essenzialmente lo Stato contrae un debito con l’emissione di Titoli di Stato (TdS). Ne consegue che gli istituti di credito sono esposti al debito pubblico. Nelle situazioni di crisi questo potrebbe diventare un problema dato che le banche detengono in portafoglio ancora troppi BTP.

Tuttavia, i presupposti per affrontare la crisi da parte delle banche sono solidi, il sistema bancario non risulta una possibile minaccia. Piuttosto è il punto di riferimento del governo italiano, che sta chiedendo alle banche un “atto d’amore” nel fornire liquidità. La decisione di sospendere i mutui e quindi concedere una maggior flessibilità alle piccole imprese e alle famiglie, potrebbe risollevare il problema dei NPL nelle banche.

In questo le banche hanno fatto progressi. Infatti, negli ultimi cinque anni si è generato un mercato secondario del credito NPL, che ha migliorato i prezzi di cessione delle banche e la capitalizzazione delle stesse.

Questo scenario rassicurante sarà confermato alla luce della crisi attuale? Difficile, dal momento che si ipotizza un Q3 e Q4 negativo. Non si è ancora certi se questo porterà ad azzerare la buona redditività che i gruppi bancari avevano registrato nel 2019. Invece, è certa la crescita del rapporto dei crediti in sofferenza sul totale, che porterà ad un aumento della rischiosità degli istituti.

Punti di forza e di debolezza

Un punto di forza del sistema bancario è da individuare nella crescente stabilità e solidità acquisita negli anni. Il grado di patrimonializzazione dei principali gruppi bancari si è raddoppiato dal 2009 ad oggi, con il livello del CET1 ratio in aumento. Tanto più alto è il CET1 ratio tanto più le banche sono classificate come sicure. I principali istituti di credito italiani si sono posizionati mediamente oltre la soglia imposta dalla SREP del 2019, che prevedeva un CET1 almeno pari a 10.6%. Per questo motivo si può dire, in generale, che il sistema bancario italiano è solido. Ovviamente ci sono delle eccezioni, come il caso di Banca popolare di Bari con CET1 ratio al 6.22%.

Tuttavia, un elemento di debolezza, che molti vedono come un problema strutturale, è la frammentazione del mercato bancario italiano. Da dieci anni si sono susseguite interessanti business combinations, ma lo scenario attuale non sembra migliorare il consolidamento nazionale.

Infatti, un generale consolidamento potrebbe contribuire a risolvere alcune questioni. Ad esempio, si potrebbe ristrutturare l’assetto bancario in modo da alleviare il predominio dei quattro player ad alta capitalizzazione sui numerosi istituti più deboli.

In tale direzione può essere vista l’Ops Intesa Sanpaolo – Ubi Banca. Sin da subito Intesa Sanpaolo è stata accusata di offerta ostile, che andrebbe ad incrementare la redditività del primo e quarto gruppo italiano, andando allo stesso tempo a creare un gap enorme con i player minori.

L’annuncio è arrivato poco prima dello scoppio della pandemia, tuttavia l’operazione non sembra deragliare e potrebbe concludersi entro dicembre 2020. In questo periodo di crisi, questa operazione di M&A fa sicuramente bene al mercato italiano, in termini di ripresa sul fine del quarto trimestre.

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