L’high-frequency trading potrebbe essere definito come la normale, fisiologica evoluzione che ha visto protagonista il mercato finanziario negli ultimi due decenni, diretta conseguenza dello sviluppo tecnologico che ha profondamente modificato i mercati azionari.
Ma in che misura questo fenomeno può minare la stabilità e la trasparenza del mercato stesso?

Per definizione, l’high-frequency trading (HFT), o transazioni ad alta frequenza, è un metodo di trading che utilizza la tecnologia per effettuare un ampio numero di transazioni in un tempo equivalente a frazioni di secondo. In particolare, l’HFT ricorre a complessi e sofisticati algoritmi per analizzare molteplici mercati in brevi lassi di tempo, ed eseguire gli ordini di vendita e di acquisto a seconda delle differenti condizioni di mercato.

L’HFT è un fenomeno che risale agli inizi del millennio, ma che ha, tuttavia, iniziato ad acquisire importanza e notorietà solo un decennio dopo.
Era il 6 maggio 2010 quando iniziarono a verificarsi gli antefatti di ciò che oggi conosciamo come Flash Crash, o crollo del 6 maggio 2010. Fra le 14:42 e le 15:07 (ora locale di New York), indici come il Dow Jones Industrial Average e lo S&P 500 crollarono e risalirono molto velocemente. L’indice Dow Jones raggiunse il suo secondo minimo storico, 998.5, con un crollo di circa il 9%, per poi risalire rapidamente fino a -3.2%.

Le indagini compiute negli anni successivi portarono alla luce la responsabilità di Navinder Singh Sarao, trader inglese responsabile dell’ideazione di un programma, chiaramente fittizio, per la vendita di migliaia di contratti E-mini S&P 500 per un valore di 1.4 miliardi di dollari.
In meno di 30 minuti, sotto condizioni di mercato particolarmente stressate, l’esecuzione automatica di un ampio numero di ordini ha portato a fluttuazioni singolari dei prezzi di mercato, aumentandone esponenzialmente la volatilità.

Dal punto di vista legale, i riferimenti all’high-frequency trading sono molteplici, sia nella legislazione europea sia in quella internazionale.
La Security and Exchange Commission, organo statunitense per la protezione degli investitori, e la Commodity Futures Trading Commission, agenzia statunitense per la regolamentazione dei mercati di derivati, definiscono l’HFT descrivendone le fondamentali caratteristiche. Prima fra tutte, l’esecuzione di un ampio numero di transazioni su base giornaliera, resa straordinariamente veloce dall’uso di sofisticati programmi di computer. In secondo luogo, tra le caratteristiche rilevanti dell’HFT è possibile evidenziare la cancellazione della maggior parte degli ordini poco dopo la loro sottomissione; i periodi dell’ordine di micro o nanosecondi intercorrenti tra lo stabilimento e la liquidazione delle posizioni finanziarie; la conclusione della giornata con una posizione tipicamente piatta.

Per ciò che riguarda il contesto normativo per le transazioni ad alta frequenza in Europa, il principale riferimento legale è la Direttiva 2014/65 dell’Unione Europea, o MiFID II, che all’articolo 4 fornisce la prima reale definizione di HFT. In particolare, è possibile parlare di high-frequency trading quando tre principali condizioni sono simultaneamente presenti: l’utilizzo di infrastrutture per la minimizzazione delle latenze, l’assenza di intervento umano e gli elevati tassi di comunicazione inter-giornaliera per ordini, quotazioni o cancellazioni.

Sebbene le strategie correlate ad HFT siano molteplici, quelle più rilevanti, poiché costituenti il “lato oscuro” dell’high-frequency trading, sono le strategie cosiddette predatorie: in questi casi, l’HFT è sostanzialmente un metodo per sfruttare i vantaggi derivanti dalla velocità superiore per trionfare su tutti gli altri partecipanti nel mercato, o per approfittare di determinate vulnerabilità strutturali nel mercato.
Questo fenomeno è crescentemente pericoloso, soprattutto a causa della sua esponenziale estensione all’interno dei mercati azionari.
L’European Security Market Authority (ESMA), all’interno di alcuni documenti trattanti la manipolazione di mercato, ha in molteplici occasioni discusso di high-frequency trading, evidenziandone l’impatto. Dati particolarmente rilevanti sono il numero di ordini effettuati con HFT, pari circa al 58-76% del totale, e la percentuale di transazioni effettuate nel mercato azionario rappresentate da HFT, circa il 24-43%.

A partire da queste informazioni, è facile comprendere il dibattito normativo sollevato attorno al problema dell’high-frequency trading. L’HFT rappresenta una svolta nel classico paradigma dei mercati finanziari, non tanto per il suo apporto innovativo in termini di efficienza, quanto per il rischio correlato alla creazione di barriere anti-competitive in entrata, a causa delle quali una certa categoria di partecipanti potrebbe prevalere su tutti gli altri.

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