Se il periodo di quarantena e il confinamento in casa a seguito di un tampone positivo stavano diventando minacce sempre meno temute, la guerra russo-ucraina, scoppiata lo scorso febbraio, ha riportato l’economia mondiale in uno scenario avverso: l’elevata inflazione. L’inflazione galoppante, infatti, spinta anche dalla crisi energetica dei combustibili fossili, è diventata così la peggior nemica non solo di governi e banche centrali, ma anche di consumatori e imprese. Il contesto macroeconomico e geopolitico ostacola la ripresa e il ritorno allo stile di vita pre-pandemico, determinando la necessità per tutti gli attori -Stati, istituzioni finanziarie, imprese e consumatori- di trovare nuove soluzioni.

Se i governatori della Banche centrali, dalla Fed alla BCE, si sono impegnati in una politica rialzista dei tassi d’interesse ufficiali, le famiglie italiane stanno facendo i conti con il rincaro del costo della vita, ingegnandosi per risparmiare sulla spesa di prodotti essenziali e non. Contemporaneamente la grande distribuzione sta attuando strategie di pricing in modo da garantire la stabilità della domanda ed evitare perdite significative nelle vendite e nelle proprie quote di mercato. Se, dunque, l’obiettivo ultimo dei consumatori è evitare il lievitare continuo e consistente dello scontrino, quello di supermercati e discount è mantenere il livello di vendite e quote di mercato senza pregiudicare i bilanci.

Secondo i dati Istat, a settembre l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dell’8,9% su base annua. In particolare, la recente accelerazione dell’inflazione è dovuta al settore alimentare, che registra un passaggio dal 10,1% all’11,4% da agosto 2022 a settembre 2022, su base annuale. Parallelamente, sempre secondo dati preliminari Istat, nello stesso periodo aumentano i prezzi anche per la cura della casa e della persona (da +9,6% a +11,1%) e quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +7,7% a +8,5%).

Le strategie messe a punto dalla GDO per il perseguimento dei propri obiettivi si traducono principalmente in promozioni, blocco di prezzi e sconti fino al 50% su prodotti prossimi alla data di scadenza. Infatti, sempre più categorie di prodotti sono soggette a taglio prezzi e offerte 3X2, definite come operazioni di “sottocosto”, e prezzi di alimenti e beni di private label, cioè del marchio proprio della GDO, sono fissi a livelli estremamente convenienti: in particolare questa tecnica è sfruttata da Conad con l’iniziativa “Bassi&Fissi” e da Esselunga per quanto riguarda le referenze della linea Smart.

Secondo quanto riportato da un report della JP Morgan[1], la tendenza dei consumatori è proprio quella di spostare la spesa dai marchi della categoria alimentare alle private labels dei retailer, notoriamente più convenienti. Anzi, se durante il periodo pandemico la GDO aveva subito una perdita di domanda a causa dei pesanti costi di distribuzione, a differenza dei marchi più famosi che godevano invece di una supply chain più resistente e una domanda maggiormente fidelizzata, la spirale inflattiva odierna sta ribaltando la situazione, riportando la domanda verso supermercati e discount.

Inoltre, secondo quanto affermato da recenti ricerche di Mediobanca[2], per effetto del lockdown si è consolidata maggiormente la pratica di acquisto online anche per quanto riguarda generi alimentari e beni di prima necessità. Questo è il pretesto, secondo questi studi, per la GDO di rivedere la propria strategia promozionale e orientarsi su un modello più dinamico e redditizio.

Durante il “Marketing & Retail Summit”, organizzato da MarkUP e Gdoweek lo scorso 5 ottobre a Milano, molti sono state valutate nuove soluzioni strategiche da adottare nel campo di GDO e retail. Innanzitutto, risultano essenziali: una nuova cultura aziendale concentrata sull’individuo -sia in termini di cliente da fidelizzare che di talenti da assumere- che, un avvicinamento maggiore tra il retail e il consumatore, così che le sue esigenze siano sempre soddisfatte grazie ad un grado di assortimento efficace.

È stato altresì cruciale l’impiego della tecnologia, come mezzo e non fine della distribuzione, che permetta di discostarsi da modelli di forecasting basati su dati storici e trend passati per concentrarsi, piuttosto, su schemi che tengano conto delle nuove abitudini dei consumatori. Tecniche di machine learning e metodologie test-run sono possibili soluzioni che permetterebbero di identificare nuovi metodi promozionali, più attinenti alle preferenze dei consumatori e, quindi, in grado di garantire un livello elevato di ritorno sugli investimenti.

Andrea Petronio, Senior Partner di Bain&Company ed esperto in campo retail e consumo, durante il suo intervento presso il summit ha ribadito non soltanto l’importanza di un nuovo processo di recruiting per favorire l’afflusso di nuovi talenti, ma anche la necessità di costruire un nuovo dna aziendale che sia funzionale alla transizione ESG, che ha un carattere prioritario per le prospettive del retail e non solo.

Le sfide per il mondo GDO non sono poche nel contesto attuale. Il rapporto Coop 2022[3] ha evidenziato come le abitudini e i consumi italiani stiano già risentendo dell’annunciata ed imminente recessione economica. L’elevata inflazione, associata ad un livello salariale medio nazionale che non cresce allo stesso ritmo del costo della vita, richiede che la grande distribuzione e il mondo retail facciano fronte all’importante responsabilità sociale di garantire l’offerta di beni senza far crollare la domanda interna per effetto del repentino aumento dei prezzi e senza compromettere i propri bilanci aziendali. Questo appare estremamente arduo se si considera che, secondo il rapporto Coop il salario italiano è del 33% inferiore rispetto alla media tedesca, dove il costo della via risulta essere simile, ed è invece analogo a quello spagnolo, dove la vita costa il 19% in meno.

Allo stesso tempo gli italiani, però, non rinunciano alla qualità del cibo: la spesa in media si compone di alimenti basici ed essenziali e le categorie di alimenti pronti e biologici, così come prodotti senza glutine, calano sempre di più. Se al momento la composizione della spesa non sembra vare subito variazioni, il rincaro dei prezzi del cibo è da riferirsi proprio a prodotti basici come olio e pasta: l’olio di semi segna +40,9%, l’olio d’oliva +33,1%, la pasta di semola +30,9%.

È in questo inconsueto e imprevedibile contesto che nuove strategie e soluzioni di pricing dovranno essere decise da parte degli operatori della GDO, per far fronte alla necessità di breve periodo -di non diminuire le vendite e non compromettere la reddittività aziendale- e a quelle di medio termine finalizzate alla creazione di una nuova cultura sociale e aziendale.

 

[1]Inflation and Cost of Living: Are Consumers Spending Less?’, JP Morgan Research, 14 September 2022, JP Morgan official website

[2] Osservatorio sulla GDO a prevalenza alimentare’, Area di Studi Mediobanca, 17 marzo 2022, Milano

[3] Nomisma per ‘Rapporto Coop 2022’, 19 settembre 2022

 

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