Carlo Cottarelli è un noto economista ed editorialista italiano, ha lavorato dal 1981 al 1987 presso la direzione monetaria del Servizio Studi della Banca d’Italia e dal 1987 al 1988 al Servizio Studi dell’ENI. Dal 2008 al 2013 è stato Direttore del Fiscal Affairs Department del Fondo Monetario Internazionale. Dal 2013 al 2014, invece, è stato Commissario per la Revisione della Spesa Pubblica in Italia. Inoltre, dal 2014 al 2017 è stato Direttore Esecutivo al Fondo Monetario Internazionale (FMI) per Italia, Albania, Grecia, Malta, Portogallo e San Marino. È Direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Visiting Professor presso l’Università Commerciale Luigi Bocconi.

Ho intervistato il prof. Carlo Cottarelli per conoscere, in maniera dettagliata, il suo punto di vista, in merito al più ampio scenario economico nazionale. Gli argomenti trattati nel corso dell’intervista hanno spaziato dalle fake news alla realtà economica italiana e alle sue prospettive future.


Silvia Scotto di Santolo: Nel suo libro “Pachidermi e Pappagalli” lei sostiene che le bugie possono avere vita lunga e creare conseguenze disastrose. Qual è la strategia per riconoscere e distinguere le fake news? Secondo lei da chi vengono create, perché e con quale scopo?

Carlo Cottarelli: Ci sono diversi tipi di fake news, alcune sono la “vox populi”, altre sono bufale. Queste ultime sono utilizzate per spingere certe idee politiche e fanno parte degli strumenti di propaganda; quindi si può pensare che siano inventate e diffuse con lo scopo di indirizzare l’opinione pubblica, ingigantendo certi argomenti. Spesso, le bufale hanno un fondo di verità, ma vengono portate fuori dalla giusta proporzione, nel mio libro ne parlo alla fine di ogni capitolo. Sicuramente non è facile riconoscerle. Il mio consiglio è non credere e prendere con sospetto tutte le notizie, le affermazioni, le opinioni condite da insulti, prese in giro, parole forti. Soprattutto l’uso, che è sempre abuso, di insulti. Se una notizia o se una opinione è valida deve stare in piedi da sola. Altra cosa da fare è accertare le fonti; ad esempio, prima di comprare un determinato libro, controllo l’autore; è importante valutare il suo grado di conoscenza della materia. Spesso, non basta essere un’economista per parlare di economia, come non basta essere laureato in medicina per parlare di tutti gli aspetti della medicina. Inoltre, altra cosa che bisognerebbe fare, la più difficile, è riflettere, ascoltare le diverse fonti di informazione e non reagire soltanto sulla base di qualcosa che si legge in rete o che si sente in televisione. Abbiamo l’abitudine di considerare come verità tutto quello che percepiamo da uno schermo televisivo o da internet; è necessario verificare e non reagire d’istinto ed è la parte più difficile perché richiede un impegno.

Silvia Scotto di Santolo: Secondo il recente studio di Boston Consulting Group, nel corso del 2020, i ricavi del settore della moda e del lusso sono previsti scendere tra il 25% e il 35%. Nell’attuale situazione, infatti, si sommano criticità dal lato dell’offerta, con chiusure dei punti vendita e la sospensione della produzione in molti paesi. Per le aziende italiane, a tal proposito, si parla del rischio scalata da parte di investitori esteri. Qual è il suo punto di vista al riguardo? Quali sono le opportunità e le minacce?

Carlo Cottarelli: Atteso il livello elevato della ricchezza delle famiglie italiane, potrebbe verificarsi l’esatto contrario. Tuttavia, per i settori strategici, il Governo ha già adottato misure precauzionali finalizzate a limitare gli acquisti da parte di stranieri. Le prime norme in proposito sono state licenziate dall’esecutivo già nel 2012, al verificarsi di analoghe situazioni. A seguire, il portafoglio dei settori strategici si è ulteriormente ampliato, per cui sono necessarie delle autorizzazioni per acquisire posizioni di maggioranza assoluta e/o relativa. In tal senso, rimane utile avere anche investimenti dall’estero; il nostro è un paese che oggi, particolarmente, necessita di investimenti stranieri su imprese italiane che vogliono vendere.

Silvia Scotto di Santolo: Nella sua personale visione, come giustifica che i titoli di stato italiani abbiano rendimenti maggiori rispetto a quelli spagnoli?

Carlo Cottarelli: Preliminarmente osservo che il debito pubblico italiano è superiore rispetto al debito pubblico spagnolo. Inoltre, mentre in certi periodi la congiuntura economica spagnola ha visto dei momenti di riduzione del debito, in Italia, negli ultimi 20 anni, fatta eccezione per il 2007, questa situazione non si è verificata. La Spagna è arrivata all’inizio della crisi del 2008 con un debito pubblico del 40% del PIL, aumentato soprattutto per le spese relative alla ricapitalizzazione delle banche. Quindi, è un paese che ha un debito più basso e, negli ultimi anni, ha registrato un buon andamento del tasso di crescita. La crescita è molto importante per i conti pubblici, non soltanto perché il debito si misura rispetto al PIL, ma anche perché se aumenta il PIL aumentano le entrate dello Stato e quindi migliora anche il deficit che è il fattore che alimenta il debito pubblico.

La Spagna, quindi, è cresciuta. In riferimento agli anni 10, sia l’Italia che la Spagna hanno vissuto una crisi molto forte a inizio periodo. L’Italia, però, ha registrato un tasso di crescita annuo medio dello 0.2%, laddove per la Spagna questo valore è stato superiore di cinque volte. A tal proposito, ho scritto il libro “I sette peccati capitali dell’economia italiana”; se ci focalizziamo sui fattori sottostanti, si nota che la Spagna è un paese che fa meglio dell’Italia, grazie a minor burocrazia, brevità nei processi civili, minore evasione fiscale, più basso indice di corruzione internazionale. Alla luce di questa situazione, i mercati finanziari, ritengono meno rischioso investire in titoli di stato spagnoli piuttosto che in titoli di stato italiani. I motivi sono fondamentalmente economici, gli indicatori spagnoli sono più performanti, con un debito pubblico più basso. In Italia, per eliminare questa disparità, è necessario rimboccarsi le maniche e fare riforme che mirino a ridurre la burocrazia, uno dei principali mali della nostra economia.

Silvia Scotto di Santolo: All’inizio del libro “I sette peccati capitali dell’economia italiana” fa riferimento ad una frase di Piero Gobetti del 1918 in cui sostiene che “non bastano i presenti difetti a toglierci la grandezza futura, se sappiamo volere”. Portando questa citazione in un contesto attuale, secondo la sua vision quali saranno i prossimi passi per uscire da questa grande crisi che sta investendo il nostro paese?

Carlo Cottarelli: Bisogna distinguere due fasi. La prima fase del ritorno alla pseudo normalità, in cui è necessario attenuare gli effetti recessivi, spendendo di più per dare più soldi all’economia. A tal proposito, mentre gli altri paesi che hanno un debito pubblico basso possono autofinanziarsi, in Italia, se non fosse per i finanziamenti della Banca Centrale Europea, avremmo grosse difficoltà. Quindi, lo Stato deve sostenere le imprese e le famiglie;  siamo ancora nella fase del “tu stai cadendo, ti metto il cuscino per terra perché tu non ti faccia male”.

La seconda fase, in cui tutti ritorneranno al lavoro, sarà necessario sostenere la domanda, in quanto se non c’è domanda, l’offerta stagna. Si crea, quindi, un circolo vizioso, perché se non si produce, ci sono meno posti di lavoro, meno reddito e quindi ancora meno domanda. Le misure che hanno un impatto maggiore sulla domanda toccano gli investimenti pubblici, gli acquisti diretti fatti dallo stato. Si dice che bisognerebbe realizzare la cosiddetta “Helicopter drop of money”, ovvero distribuire soldi con l’elicottero alle famiglie in maniera tale che li spendano. Purtroppo, in una situazione di grande incertezza come quella in cui ci troviamo, probabilmente una parte di quei soldi non sarebbe spesa, soprattutto dalle famiglie con un reddito medio o medio-alto.

Invece, un programma di investimenti va direttamente a colpire la domanda e quindi ha un moltiplicatore più elevato. Queste azioni, probabilmente, serviranno semplicemente a riportarci alla normalità precedente che, però, non è una realtà ottimale. Infatti, nel 2019 avevamo lo stesso reddito pro-capite al netto dell’inflazione che avevamo nel 1999, ciò significa 20 anni senza crescita.

Quindi, non è una normalità auspicabile, bisogna fare di più. La mia ricetta è applicare le raccomandazioni del mio libro sui 7 peccati capitali dell’economia italiana. Metterei al primo posto tre cose, che gli imprenditori considerano più dannose per l’investimento in Italia:

  •  La burocrazia, l’eccesso di regole, di norme, di moduli che devono essere compilati e che postulano eterni tempi di attesa.
  •  La giustizia civile, i lunghi processi.
  •  Riduzione delle aliquote di tassazione che sono alte rispetto agli altri paesi e che scoraggiano gli investimenti in Italia.

Per fare ciò, servono delle risorse, che sono soltanto due per un taglio permanente delle aliquote di tassazione: la riduzione dell’evasione fiscale e il risparmio con riduzione degli sprechi nella spesa pubblica. Bisognerebbe quindi agire su questi fattori, non tanto per una ripresa, ma perché l’Italia raggiunga un tasso di crescita di almeno del 2% annuo.

Aggiungerei anche un più congruo investimento sulla ricerca e sulla pubblica istruzione, oggetto dal 2007 di ripetuti tagli, soprattutto per la spesa universitaria.

Al momento siamo penultimi in Europa in termini di spesa universitaria pro-capite; è gravissimo perché, secondo studi che abbiamo realizzato al Fondo Monetario Internazionale, la forma di spesa più collegata alla crescita è quella per la pubblica istruzione. È necessario, quindi, che questo vada sistemato.

Silvia Scotto di Santolo: Per comprendere l’economia italiana e quella mondiale, è fondamentale discernere la verità dai paradossi creati sui social e anche sui media tradizionali per indirizzare l’opinione pubblica verso strategie ben definite. Come percepisce, ad oggi, la realtà economica italiana?

Carlo Cottarelli: È un paese che si trova, ad oggi, in grossa difficoltà. Tuttavia, è giusto rilevare che la caduta del PIL nel primo trimestre di quest’anno è stata più forte in Spagna e in Francia che in Italia (dai dati pubblicati dall’Eurostat sulla crescita dell’Euro area).

A parte ciò, noi abbiamo avuto un persistente problema di bassa crescita che vuol dire anche difficoltà per i giovani a trovare buoni posti di lavoro. Probabilmente per questo il flusso netto in uscita è stato di 250 mila giovani con un aumento, nel corso degli ultimi anni, in cui l’uscita è stata superiore alla media del decennio.

Silvia Scotto di Santolo: Grazie mille per l’intervista; è stata una grande opportunità di arricchimento.

Carlo Cottarelli: Grazie.


Ringrazio ancora il prof. Carlo Cottarelli per l’intervista, che considero un importante momento di approfondimento culturale su temi particolarmente rilevanti, nella realtà economica italiana attuale.

Fonte: https://silviascottodisantolo.com/f/the-economic-point-of-view-by-carlo-cottarelli

Silvia Scotto di Santolo

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