È da lungo tempo che la ricerca e la letteratura provano a rispondere univocamente all’interrogativo circa la correlazione tra Corporate Strategy (i.e., strategia aziendale) e Corporate Finance (i.e., finanza aziendale). Sebbene, ad oggi, non esista una conclusione che soddisfi a pieno tutti gli studiosi, è possibile dimostrare l’interdipendenza che lega i due elementi.

In generale, è importante ricordare che la finanza fornisce alle compagnie gli strumenti quantitativi per analizzare come le decisioni strategiche impattano sul valore dell’azienda. In secondo luogo, esiste una relazione di reciproca influenza tra scelte strategiche e finanziarie: l’una manipola l’altra, e viceversa.

L’obiettivo primario della gestione finanziaria è quello di soddisfare il fabbisogno dell’azienda di risorse finanziarie. Le strategie e i modelli di business sono funzionali al  corretto perseguimento dei programmi aziendali e, indirettamente, impattano sulla capacità dell’azienda di autofinanziarsi, riducendo il ricorso all’equity o al debito per intraprendere nuovi investimenti.
Dall’altro lato, le scelte finanziarie, in particolare quelle riguardanti la struttura del capitale (i.e. la proporzione di debito e equity), hanno spesso natura strategica. Ad esempio, la ricapitalizzazione è un tipico caso di strategia di difesa contro le acquisizioni ostili: una compagnia può decidere di modificare la propria struttura del capitale per rendersi meno attraente agli occhi di potenziali acquirenti. Uno dei modi possibili è quello di emettere debito e utilizzare i ricavi per il pagamento di dividendi o il riacquisto di azioni.

I fattori strategici che influiscono sulle decisioni finanziarie aziendali sono molteplici, e spaziano dalle dimensioni dell’azienda, al suo grado di rischio e alla struttura del debito.
Ad esempio, le aziende che operano in settori particolarmente rischiosi opteranno per fonti di finanziamento private.
Una correlazione interessante esiste tra la struttura del capitale prescelta dall’azienda e lo stadio di crescita della stessa: le imprese in uno stadio di maturità hanno un decrescente bisogno di fonti di finanziamento esterne.
Al contrario, le start-up e le imprese in via di crescita dipendono maggiormente da fonti di finanziamento esterne, in particolar modo debiti bancari. In media, per le piccole e medie imprese italiane,  l’indice di indebitamento (i.e., il rapporto tra le passività totali e il capitale investito) è 2,89, mentre il leverage (i.e., il rapporto tra il debito dell’azienda e il suo valore totale) è circa 0,80.

A livello empirico, diversi studi hanno dimostrato una correlazione significativa tra struttura di capitale e strategia aziendale.
In particolare, ad esempio, una strategia di integrazione è negativamente correlata al grado di debito dell’azienda. Questo sottolinea che le compagnie molto integrate sono meno dipendenti dal mercato del credito e dalle istituzioni finanziarie, mentre si dimostrano più indirizzate verso fondi interni.
La struttura del capitale è correlata positivamente con le strategie di diversificazione, e negativamente con quelle di internazionalizzazione.
Ancora, la profittabilità e la liquidità impattano negativamente sul grado di debito, a causa della ridotta necessità di ricorrere a risorse finanziarie.

Dal punto di vista quantitativo, gli economisti F. Cappa, G. Cetrini e R. Oriani, nel loro trattato “The impact of Corporate Strategy on Capital Structure”, a partire da un campione di 672 aziende quotate italiane, hanno tracciato una matrice di correlazione tra la struttura finanziaria delle suddette aziende e alcuni indici strategici.
Ciò che è emerso è interamente a supporto delle relazioni sopracitate: ad esempio, l’indice di correlazione della struttura finanziaria con la profittabilità è -0,42, mentre con la diversificazione 0,08.

Possiamo ora considerare l’esempio peculiare delle strategie di diversificazione, che hanno dimostrato avere interessanti connessioni con la struttura finanziaria.
In particolare, le diverse sfumature che una strategia di diversificazione può assumere impattano sulla struttura del capitale, e viceversa.
La diversificazione correlata (i.e., lo sviluppo di nuove aree di business in qualche modo in sinergia con quelle già esistenti) comporta l’introduzione di risorse altamente specifiche. Questo potrebbe dissuadere potenziali finanziatori che, in caso di insolvenza o bancarotta dell’azienda, subirebbero perdite significative. Di conseguenza, in caso di diversificazione correlata la principale fonte di finanziamento risulta essere l’equity.
La diversificazione non correlata (i.e., lo sviluppo di nuove aree di business le cui catene del valore sono completamente prive di correlazione) non aggiunge specificità alle risorse aziendali, e di conseguenza non rappresenta un ostacolo per i finanziamenti sotto forma di debito.
In aggiunta, l’applicazione di una strategia di diversificazione genera delle imperfezioni nel mercato dei capitali, legate soprattutto a problemi di azzardo morale e selezione avversa. L’appropriata selezione di debito e di equity può parzialmente risolvere queste complicazioni.

In conclusione, possiamo attestare con certezza che strategia e finanza sono due aspetti aziendali profondamente legati, tanto da poter essere definiti interdipendenti; una loro efficiente integrazione si può trasformare in un’arma strategica in grado di incrementare la competitività sul mercato.
La scelta degli strumenti finanziari e delle operazioni di investimento, se non propriamente ponderata, può addirittura compromettere la capacità di un’azienda di porre in essere determinate manovre strategiche.

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