Il mercato finanziario può subire influenze derivanti da shock esogeni che impattano sulla domanda e l’offerta di un determinato titolo. Caso interessante risulta quello legato all’hedge fund statunitense Archegos Capital Management che a seguito della mancata risposta ad una margin call, ha generato consistenti perdite per diversi colossi bancari.
Nell’analisi di tale caso occorre dapprima specificare cosa si intende per margin call. Essa consiste in una funzione che permette la chiusura automatica di una o più posizioni sul conto qualora queste ultime risultino in netta perdita, tale da non poter essere coperte mediante il margine depositato e bloccato a garanzia. Si tratta quindi di una richiesta di integrazione per evitare conti in rosso. Essa rientra nell’insieme dei servizi di business prime brokerage erogati dagli intermediari finanziari a favore dei fondi speculativi. Ma come ciò risulta essere collegato con le perdite registrate da Credit Suisse e Nomura? Perché e in che modo Morgan Stanley, Goldman Sachs e Deutsche Bank sono riusciti invece ad evitare tali perdite?

Innanzitutto è necessario tenere in considerazione che il CEO del fondo Archegos Capital Management, Bill Hwang, fosse già noto precedentemente per operazioni di insider trading e anche in questo caso sembra essere coinvolto in fatti illeciti. Infatti, pare che sia stato complice allo short squeez che aveva determinato un aumento maggiore del 100% di molte aziende in cui lo stesso hedge fund investiva. Il rischio legato all’insolvenza del fondo speculativo ha cominciato a palesarsi nel momento in cui le posizioni detenute hanno iniziato a registrare ingenti perdite. In particolare, nei mesi scorsi si è verificato un calo dei titoli del settore media che il fondo aveva accumulato, a partire da quello di ViacomCBS, e successivamente seguito da altri titoli sempre facenti parte degli assets appartenenti al fondo speculativo. Le perdite che via via il fondo stava accumulando rischiavano di andare ad impattare i business prime brokerage che finora avevano supportato le attività di trading dell’azienda. Tale rischio era dovuto al fatto che il fondo Archegos avesse stipulato dei Total Return Swap con le banche, facendo acquistare grandi quantità di azioni pur non detenendole direttamente, con la prospettiva di ripartire in futuro i profitti con la banca concessionaria.

Per evitare che ciò si verificasse, i colossi finanziari coinvolti hanno dovuto provvedere alla chiusura delle posizioni. Molte investment banks sono riuscite ad arginare le perdite attraverso la programmazione di un piano di short selling volto a contenere l’impatto negativo sui bilanci delle medesime. Inizialmente si presumeva dovesse essere una mossa coordinata fra le diverse banche coinvolte proprio per mantenere sotto controllo l’impatto sul mercato.In realtà, si è trattata di un’operazione caotica dove solamente le banche che si sono mosse con anticipo sono riuscite a contenere le proprie perdite. Infatti, molti istituti bancari che operavano per conto dell’hedge fund, quali Morgan Stanley, Goldman Sachs e Deutsche, hanno effettuato una consistente vendita di grossi blocchi azionari, come ViacomCBS, in cui Archegos Capital Management deteneva consistenti posizioni. Tale mossa ha generato una liquidazione pari a 30 miliardi di dollari e ha permesso alle banche di poter contenere le perdite in modo tale da non registrare impatti negativi sugli utili.
Al contrario, purtroppo, la holding giapponese Nomura ha registrato un tracollo pari al 16%, seguita a ruota da Credit Suisse, che a sua volta è stata colpita da una perdita di quasi il 12%. Entrambi hanno dovuto inoltre dichiarare una possibile riduzione dell’utile del primo trimestre a causa della mancata risposta alla richiesta di rifinanziamento di una posizione scoperta (margin call) da parte dell’hedge fund. Il default da parte di tale fondo speculativo ha obbligato i diversi istituti finanziari coinvolti a dover uscire da queste posizioni registrando elevate perdite.

Attraverso quindi l’analisi di quanto accaduto, quali sono le implicazioni che ne conseguono?
In primis, per molti anni si è cercato di contenere l’esposizione delle banche nei confronti delle aziende proprio per evitare che il mercato potesse impattare e contagiare anche il settore bancario. Per far ciò, si è cercato di ridurre la commistione fra i due ambiti, ma il caso Archegos fa insorgere innumerevoli dubbi sull’efficienza del risk management degli istituti finanziari. Infatti, l’origine dell’enorme rischio deriva dal fatto che il meccanismo seguito dall’hedge fund sfruttava una leva finanziaria piuttosto rilevante e consistente incentivata soprattutto dall’enorme liquidità fornita alle banche mediante la politica monetaria espansiva perseguita dalle banche centrali.
Una seconda considerazione è invece relativa al mercato geografico di riferimento; il modello anglosassone si è sempre contraddistinto per una maggiore flessibilità del mercato finanziario ed in particolare del trading grazie anche ad una minore ingerenza da parte dello Stato. Infatti, si può notare come le investment banks statunitensi siano state in grado di arginare in maniera maggiormente efficiente tali perdite a differenza delle concorrenti europee e giapponesi. L’enorme attenzione che nel modello europeo e giapponese è stata riposta nella solvibilità e stabilità degli istituti, porta allo stesso tempo alla presenza di maggiori vincoli che rallentano e limitano la possibilità di agire nell’immediato. Ad oggi, tutti gli istituti bancari coinvolti stanno ricominciando a registrare un aumento sul mercato finanziario che tenderà ad un recuperò delle perdite subite, ma in ogni caso non sembra essere stata delineata una soluzione opportuna per evitare che tale evento possa ripetersi.

 

Fonti:

https://www.milanofinanza.it/news/credit-suisse-crolla-in-borsa-dopo-il-default-di-un-hedge-fund-202103290948401263?utm_source=dlvr.it&utm_medium=linkedin

https://www.milanofinanza.it/news/caso-archegos-come-goldman-sachs-e-morgan-stanley-hanno-schivato-le-perdite-202103301125091737?utm_source=dlvr.it&utm_medium=linkedin

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