La pandemia e gli effetti del lockdown hanno condotto molti settori ad un ridimensionamento della produzione e delle conseguenti vendite. Da qualche tempo a questa parte si parla, però, di una nuova crisi all’orizzonte, un collo di bottiglia che gli inglesi hanno definito “Chip Crunch”.
La diffusione della crisi dei chip è un vero e proprio terremoto per il settore Automotive, che, già fortemente penalizzato dalle conseguenze della pandemia, si è visto costretto a fermare le proprie fabbriche e conseguentemente interrompere la produzione di auto. Le automobili che siamo abituati ad utilizzare quotidianamente sono dotate di una lunga serie di dispositivi elettronici (climatizzatori, Gps, sensori, infotainment, assistenti alla guida e alla sicurezza, ecc..) che rappresentano il vero motore di un’auto moderna, ancor più della benzina. Le misure restrittive adottate dal Governo italiano per fermare il contagio da Covid-19 hanno comportato l’immediata chiusura per alcuni stabilimenti, la cui produzione si è arrestata durante i periodi di lockdown. Allo stesso tempo, però, le nuove abitudini seguite dalle persone hanno portato ad un forte aumento della domanda di dispositivi elettronici. L’inizio dello smart-working, della didattica a distanza per le scuole e i lunghi periodi trascorsi nelle abitazioni sono stati la ragione di un’impennata nella domanda di strumenti dotati di chip. Le aziende produttrici sono state costrette ad operare un ridimensionamento dell’offerta, sia per via della continua chiusura degli stabilimenti sia a causa del fatto che l’aumento della domanda è stato completamente inaspettato. Tutte le principali aziende produttive, nella maggior parte dei casi asiatiche, hanno deciso di accelerare il ciclo produttivo di chip destinati ad accontentare il consumo di massa e questo ha condotto ad una riduzione consistente nella quantità di semiconduttori per le automobili.
Due ulteriori episodi sono stati la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Da un lato il forte incendio che ha interessato Renesas Electronics (azienda giapponese operante nell’industria elettronica, fornitore di semiconduttori e altri componenti elettronici) a marzo di quest’anno, che interruppe la filiera produttiva per tre mesi, e dall’altro il blocco del Canale di Suez per effetto dell’incidente avvenuto alla portacontainer Ever Given. In questo modo, le già scarse quantità di chip subirono ulteriori contrazioni.
Da diversi mesi la produzione di automobili è fortemente rallentata, così che, alcune tra le più importanti case produttrici hanno cercato di attuare diversi stratagemmi al fine di contenere gli effetti collaterali di questa crisi: Mercedes, Volkswagen, Renault e molti altri hanno scelto di ridurre l’orario di lavoro negli stabilimenti, con Toyota che inizialmente ha cercato di fare scorta di chip per poi trovarsi costretta a seguire la via aperta dai suoi competitors. Migliaia di automobili sono ferme negli stabilimenti, in attesa di ricevere quei chip che ne completano le funzionalità. Si tratta di una crisi dei semiconduttori mai vista prima, che sta generando ingenti perdite strutturali e monetarie a tutti gli operatori coinvolti, rappresentanti quasi il 40% della domanda totale di chip a livello Europeo.
Come accade durante ogni periodo di crisi, gli effetti negativi del settore economico si accentuano portando lo sguardo sui mercati finanziari. L’andamento dei titoli Automotive in borsa è stato, e continua ad essere legato a due fattori: la crisi commerciale che dirige il loro andamento verso un orizzonte rosso e gli investimenti annunciati per velocizzare la ripresa. Le aziende automobilistiche, infatti, hanno scelto di individuare delle strategie al fine di risolvere o quantomeno attenuare le perdite generate. Peugeot ha optato per la reintroduzione di cruscotti analogici su certi modelli, riducendo di conseguenza i prezzi di vendita delle auto, mentre Tesla sta lavorando alla possibilità di iniziare a produrre i chip internamente, così da risolvere il problema dello scarso approvvigionamento. E continuando, Ford è intenzionata a convincere la rete di vendita a farsi consegnare le auto prive di chip e ad installarli successivamente, quando disponibili.
Ciò nonostante, al momento la giapponese Toyota ha perso il 4.4% alla Borsa di Tokyo e il sotto-indice Europeo STOXX 600 Auto è in perdita di oltre due punti percentuali. Tra gli attori di Piazza Affari sono deboli Stellantis, Pirelli & C. e Brembo, anche se esclusa dal segmento principale occupandosi esclusivamente di impianti frenanti. Allargando lo sguardo, a Francoforte le posizioni short interessano Continental, Volkswagen, BMW e Daimler.
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