La questione della compagnia aerea di bandiera sembra ancora non avere fine. Dopo licenziamenti collettivi seguiti da scioperi, un salvataggio statale da 900 milioni di euro nel 2017 e l’interesse di vari acquirenti come Etihad, il governo Draghi si era riproposto di sciogliere definitivamente il nodo chiamando in causa Ita. Ma vediamo come si è arrivati a questa faticosa trattativa.

 

Dopo la crisi del 2012 e dopo tre anni dalla sua costituzione, Alitalia dovette fare i conti con numerosi bilanci in rosso, che causarono la perdita della ricapitalizzazione ottenuta nel 2009. In questo modo sfumò l’opportunità di subentro, allontanando di eventuali acquirenti, insieme alle soluzioni di una ricapitalizzazione da parte di privati e la vendita al gruppo Etihad  che non andarono in porto.

Alla fine dell’anno successivo, infatti, la compagnia presentò un nuovo piano industriale ottenendo una nuova ricapitalizzazione da parte del consiglio di amministrazione, con Poste Italiane come azionista principale. Nel 2014 venne siglato l’accordo di acquisizione da parte del gruppo Etihad del 49% delle azioni, e successivamente annunciata una collaborazione con AirBerlin, dando l’impressione che, finalmente, la compagnia di bandiera si stesse riprendendo.

Un falso allarme, visto che nel 2017 venne sottoposta ad amministrazione straordinaria, con un prestito ponte di 900 milioni di euro, per poi ritornare sotto il controllo del Ministero dello Sviluppo Economico che acquistò 100% delle azioni l’anno scorso, dopo undici anni da privata. Sempre l’anno scorso, l’allora Premier Conte, pose fine al commissariamento nominando Caio e Lazzeroni come presidente e AD della compagnia. Con il governo Draghi sembra che la questione Alitalia sia destinata a voltare pagina con la nascita di Ita, la nuova Alitalia.

Dopo l’approvazione da parte dell’Unione Europea del nuovo piano aziendale, che è stato redatto coinvolgendo il Ministero dello Sviluppo Economico e quello delle Infrastrutture e mobilità sostenibili, la nuova compagnia dovrebbe aprire i battenti il 15 ottobre, dopo aver ottenuto il riconoscimento di volo nelle scorse settimane, con in programma, anche voli internazionali. Ita inizialmente opererà con 52 aerei per poi passare a 105 alla fine del 2025, con un fatturato previsto nel 2025, come riporta “Affarinternazionali”, pari a 3,3 miliardi di euro e con un personale a fine periodo di 5700 dipendenti.  Un piano promettente, se non fosse per le molteplici domande che non trovano risposta come, ad esempio, se i nuovi velivoli saranno acquistati o ottenuti con un contratto di leasing, oppure se tutti i dipendenti di Alitalia passeranno direttamente ad Ita o ne verranno assunti di nuovi.

Inoltre, Alitalia faceva parte della Sky Team, un’alleanza internazionale che permette di viaggiare in tutto il mondo con un solo biglietto, Ita riuscirà a farne parte? Senza contare che la licenza di volo è stata ottenuta sotto condizione, visto che uno dei requisiti essenziali per ottenerla è l’addestramento piloti, che, attualmente, devono ancora essere assunti.

Domande, che,  non trovano attualmente una risposta, se non la trasparenza dei due ministeri coinvolti nella trattativa.

Ciò che, a malgrado, è certo è la forte preoccupazione dei sindacati e dipendenti di Alitalia riguardo alla conformazione della nuova Ita, in quanto quest’ultima pare non essere intenzionata ad attuare un contratto nazionale di categoria.

 

 

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