Nello studio della macroeconomia assume notevole importanza una variabile aggregata ben precisa: la “disoccupazione”, oggetto di numerosi e intensi studi da parte degli economisti e assunta come uno degli elementi rappresentativi dell’andamento economico e della condizione della popolazione, non solo da una prospettiva finanziaria ma anche in termini di benessere generale della stessa.

Da un punto di vista macroeconomico e teorico viene definita come il totale del numero di persone che non hanno attualmente un lavoro ma che lo stanno attivamente cercando. Data questa breve definizione osserviamo come possa essere rilevante il corrispettivo “tasso di disoccupazione”: ottenuto mediante il rapporto tra il numero di disoccupati e il totale della forza lavoro (a sua volta definita come la somma tra occupati e disoccupati).

Distinguiamo, infine, i cosiddetti “scoraggiati”, ossia coloro che sono effettivamente al di fuori della forza lavoro, poiché né occupati e né alla ricerca di lavoro per i più vari motivi – potremmo anche definire questa categoria come “inattivi” –. Tra di essi, a livello giovanile, vi è la sottoclasse dei NEET.

Tale termine deriva dall’inglese e corrisponde alla seguente affermazione: “Not (employed) in Education, Employment or Training”.

Secondo il vocabolario Treccani tale acronimo è volto a identificare quella categoria di giovani che non ha un impiego e non fa parte di alcuna tipologia di percorso di istruzione o formazione (non necessariamente scolastica o universitaria, ma anche rappresentativa di stage e tirocini, corsi professionali, lezioni private, ecc.; ad esclusione dell’auto-apprendimento).

L’estensione della classe di età considerata varia a seconda delle interpretazioni: in Italia la tendenza a rimanere nella propria casa nativa “più a lungo” richiede, secondo alcune fonti, di considerare un’estensione della classe fino ai 34 anni di età ma, di norma, l’estremo superiore è di 29 anni.

I più recenti dati ISTAT in riferimento alle rilevazioni sulla forza lavoro, effettuate su un campione di circa 77 mila famiglie su base trimestrale, riportano che la popolazione dai 15 ai 34 anni, rispetto ai dati disponibili, presenta una progressiva crescita tra il 2019 e il 2020 di giovani inattivi, che oscilla da un minimo di 2,9 milioni ad un massimo di 3,19 milioni di individui, con una prevalenza del genere femminile.

Mantenendoci sulla rilevazione “NEET” ed introducendo il seguente importante parametro: “laurea e post-laurea” (e di conseguenza restringendo la fascia di età) si dimostra come una parte dei giovani dopo aver completato con successo almeno un ciclo di studi accademici risulti, in seguito ad essi, parte della popolazione inattiva.

Tale dato, probabilmente complice la pandemia da Covid-19 che ha segnato indelebilmente lo scorso anno, ha osservato in Italia una crescita di un centinaio di migliaia di unità nel terzo trimestre del 2020 (473 mila persone, rispetto alle 378 mila del 2019), ma in seguito un’importante diminuzione a 382 mila persone nel trimestre successivo, mantenendosi comunque in linea con il periodo precedente alla pandemia.

Infine, i dati ISTAT permettono di individuare l’incidenza NEET sulle regioni italiane.

Nel 2020 in Italia, rispetto al 2019, vi è stato un aumento di 1.1 punti percentuali giungendo ad un tasso NEET pari al 23.3%. Quindi si può notare un aumento al Nord rispetto al 2019 di 2.3 p.p., giungendo al 16.8%. Al Centro, il valore si è attestato ad un 19.9% (+1.8 p.p. rispetto al 2019) e nel Mezzogiorno il dato è diminuito attestandosi al 32.6% (-0.4 p.p.), mantenendo un valore comunque più alto rispetto alla media italiana.

Effettuando una rapida ricerca ed ottenendo dati più recenti, si può analizzare sul sito dell’EUROSTAT il riferimento al dato “NEET” su base trimestrale, con una riduzione di ampiezza della classe rispetto alle rilevazioni precedenti, dato che, secondo la definizione originale di “NEET” la classe si estenderebbe dai 15 ai 29 anni.

Il dato più recente si riferisce al primo trimestre del 2021 con un tasso del 24.4% di ragazzi inattivi sul totale della popolazione per questa fascia d’età, in Italia, dove tale tasso risulta essere nell’anno corrente tra i più alti, se non il più alto in alcuni trimestri, rispetto alle altre nazioni europee e quindi ben al di sopra della media UE (“EU27”, pari ad un 13.8% nel primo trimestre del 2021) e alla media della Zona Euro (calcolata sulle 19 nazioni adottanti l’Euro e pari alla precedente nello stesso trimestre).

In conclusione, per quel che riguarda il tasso di disoccupazione a livello giovanile (che ricordiamo escludere gli inattivi, e quindi, i cosiddetti “NEET” nel nostro caso) si è attestato al 22.8% nell’ultimo trimestre del 2020.

Esso, così come quello degli inattivi, evidenzia un problema arrecante al paese un rallentamento al suo sviluppo economico e sociale, presente e futuro. Difatti sono ormai diversi anni, se non decenni, che questo dato preoccupante caratterizza il nostro paese, facendolo retrocedere alle ultime posizioni europee per livello di disoccupazione giovanile.

 

 

 

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