Sono passate più di due settimane dal giorno in cui le forze di invasione russe hanno varcato il confine ucraino in direzione della capitale Kiev. Da allora, la spada economica occidentale sta vibrando fendenti sempre più precisi ed efficaci contro i settori chiave dell’economia Russa, isolando oligarchi e colpendo aziende, allo scopo di fiaccare la già logora macchina economica di Mosca.

Scartata fin dai primi giorni la strada dell’interventismo militare, con il fine ultimo di evitare un coinvolgimento internazionale nel conflitto, i paesi del blocco occidentale hanno intrapreso la strada delle sanzioni economiche.

Il primo round di sanzioni economiche è stato adottato dall’Unione Europea in seguito al riconoscimento russo delle regioni ucraine di Donetsk e Luhansk, che ha portato l’Unione a imporre misure restrittive mirate e restrizioni finanziarie ai territori occupati dai russi.

Con il secondo round di sanzioni, coincidente con il giorno dell’invasione Russa, l’Unione Europea ha adottato un pacchetto di misure comprendenti sanzioni economiche e individuali, nei confronti di Vladimir Putin, Sergey Lavrov e dei membri della Duma.

Il terzo round, datato 28 febbraio, ha visto l’imposizione di ulteriori misure da parte dell’Unione Europea, quali: il divieto di sorvolo dello spazio aereo dell’Unione, il blocco dell’accesso a SWIFT per sette banche russe ed il divieto di effettuare operazioni con la banca centrale russa.

Il quarto round, fino ad ora il più imponente, ha determinato la rimozione dello stato di nazione “più favorita” nel mercato europeo, annullandone i vantaggi da membro dell’OMC, il divieto di esportazione di qualsiasi bene di lusso UE verso la Russia e il divieto di nuovi investimenti europei nel settore energetico russo.

 

L’Europa non è la sola a seguire questa linea. Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada e Giappone sono solo alcuni degli Stati che impongono sanzioni personali o economiche verso Mosca.

Il Regno Unito ha preso la decisione di congelare gli asset di tutte le maggiori banche russe oltre a imporre il divieto, rivolto alle compagnie russe, di raccogliere finanziamenti sui mercati Inglesi.

Oltreoceano la strategia sanzionatoria si rivela ancora meno indulgente. Il Presidente degli Stati Uniti Biden ha annunciato l’intenzione di porre al bando le importazioni di energia da fonti russe, mossa che andrebbe a scavare un “cratere” nell’economia Russa e che affosserebbe ulteriormente il rublo. La strategia americana non si limita ad infliggere rapidi ed ingenti danni al settore energetico, ma mira a colpire il settore finanziario, le personalità di spicco russe e il settore bancario.

Sebbene non si possano fare previsioni precise sul lungo periodo, l’effetto delle sanzioni occidentali sarà certamente repressivo per la crescita economica russa. Come prevedibile, le sanzioni hanno provocato un aumento dell’inflazione in Russia che, a febbraio, ha aggiunto il valore di 9,15% ma con molta probabilità destinato ad abbattere il muro delle due cifre.

Il rublo ha toccato i minimi storici sulle piazze internazionali venendo scambiato a 127 rubli per un dollaro; la borsa russa è rimasta chiusa per la sesta seduta consecutiva dal giorno dell’invasione.

L’Agenzia Internazionale per la valutazione del credito Fitch Rating ha declassato il debito sovrano di Mosca, passando da B a C, step appena precedente al default finanziario. Un altro punto dolente sarà il bando alle esportazioni europee di beni storicamente richiesti dal mercato russo quali: prodotti agroalimentari, tecnologici, e legati al lusso.

Le sanzioni economiche comminate dall’Occidente, unitamente alle contromisure di totale chiusura russa verso i mercati occidentali, daranno, in conclusione, un probabile un ritorno della Russia al crack del 1998

 

 

Leave a Reply