L’intelligenza artificiale si è affermata come trend più presente e utilizzato del momento, per capirlo è ad esempio sufficiente osservare il numero di volte in cui l’acronimo “A.I.” è apparso sulla barra di ricerca di Google nel 2022.
Non è un caso, infatti, che proprio a novembre dell’ultimo anno OpenAI, una società di ricerca e sviluppo dell’intelligenza artificiale, abbia lanciato al pubblico ChatGPT. Dal suo lancio ha già superato i 100 milioni di utenti, un’impresa che richiese ben nove mesi a TikTok.
È chiaro a tutti che i potenziali utilizzi di questa tecnologia sono ovunque, ma qual è stato l’impatto che ha avuto sul settore bancario e come ne possono beneficiare le grandi banche internazionali?
Per rispondere a queste domande bisogna prima analizzare come funziona concretamente questo tool: il programma è dotato di una rete neurale basata su un trasformatore dati e informazioni estese fino al 2021. Ciò significa che quando un utente immette un comando, l’AI lo riceve, lo elabora, lo analizza attraverso la sua rete neurale profonda, e produce un output in un modello di testo che imita la dizione umana.
Le banche sono sempre alla costante ricerca di posizionarsi sul mercato ad un passo avanti rispetto ai loro competitors, cercando di creare la miglior “customer experience” possibile e la miglior efficienza operativa per i loro dipendenti, e dunque dal punto di vista teorico ChatGPT potrebbe rivelarsi un potente alleato per diversi motivi.
Ad esempio, una prima area nella quale l’AI potrebbe intervenire è l’automatizzazione. Infatti, task di routine, come l’online banking, non hanno più bisogno di essere effettuati manualmente, e un programma come ChatGPT si potrebbe occupare, ad esempio, di pagamenti delle fatture o semplici richieste di trasferimento, oltre che diminuire notevolmente il carico di lavoro dei singoli dipendenti.
ChatGPT potrebbe inoltre aiutare le banche a fornire servizi di gestione patrimoniale personalizzati (Wealth Management) ai propri clienti, analizzando i dati dei singoli individui e fornendo loro raccomandazioni di investimento personalizzate in base ai loro obiettivi e alla tolleranza al rischio.
Tuttavia, uno dei punti cruciali nell’erogazione dei servizi finanziari è la sicurezza nella trasmissione delle informazioni. Chat GPT, come lo conosciamo oggi, non può certamente gestire in autonomia tutte le misure di sicurezza informatica di una grande banca d’investimenti, ma potrebbe operare su un altro livello di protezione. Ciò è reso possibile grazie ai software Engineers di OpenAI che hanno fornito al chatbot incredibili capacità di analisi delle informazioni che potrebbero essere utilizzate per individuare possibili frodi attraverso la sua enorme rete neurale di dati.
In aggiunta, grazie al pool di dati a disposizione, l’AI si può rivelare utile anche in alcune operazioni di Risk Management, ad esempio, nell’individuazione di potenziali rischi e trend di mercato, in modo tale da aumentare anche il grado di affidabilità del cliente.
Un altro elemento fondamentale da sottolineare è la conformità dell’attività bancaria con il sistema di regolamentazione a cui è sottoposto. La Compliance è l’aspetto cruciale dell’attività di una banca e un’eventuale non-conformità può portare a sanzioni finanziarie significative e ingenti danni alla reputazione.
In ogni modo, queste possibili implementazioni nella cosiddetta “Banking Industry” sono tutt’altro che vicine. JP Morgan Chase, la più grande banca d’investimenti del mondo, ha vietato l’utilizzo di ChatGPT ai suoi dipendenti. Tale decisione è stata poi seguita a ruota da Bank of America, Goldman Sachs, CitiGroup, Deutsche Bank e Walls Fargo.
A dare notizia è stato il Wall Street Journal, e in particolare, Bloomberg ha approfondito la questione, riportando come non vi sia una motivazione specifica che abbia portato a questa conclusione. Infatti, non è stato possibile capire come la chatbot venisse utilizzata all’interno della banca e per quali funzioni, ma il messaggio lanciato dal CEO Jamie Dimon è chiaro: finché non è noto il funzionamento di questi strumenti, è meglio contenere il più possibile la loro diffusione nelle aziende. Tra le ipotesi più accreditate, si fa riferimento alla scarsa accuratezza delle informazioni fornite dal software, che di certo non si allinea con il rigore e la precisione richiesta alla più grande investment banks del mondo.
Proprio in un esperimento sulla gestione dei portafogli condotto da Milano Finanza, l’intelligenza artificiale ha proposto ad un piccolo investitore con rischio medio una quota di criptovalute in portafoglio del 20%, ovvero la stessa quota che è stata successivamente proposta ad uno speculatore con 1 milione di dollari di patrimonio da investire. Se ciò non bastasse per far capire la gravità nell’errore del calcolo, basti pensare che, per gli analisti di Credite Suisse, una quota del 2% in cripto nel portafoglio di un investitore plurimilionario rappresenta il 25% del rischio totale.
Tuttavia, al di fuori del settore bancario, c’è chi ha voluto inserire ChatGPT nei processi aziendali. Questo è il caso di Bain & Company, una delle più grandi aziende di consulenza strategica degli Stati Uniti, che ha stretto di recente una forte collaborazione con OpenAI. Il worldwide managing partner di Bain & Company, Manny Maceda, ritiene che questa fase rappresenti una vera e propria rivoluzione industriale, in cui tutti i clienti dovranno ripensare le proprie architetture aziendali e adattarsi.
In conclusione, non si può conoscere con certezza il futuro dell’AI, in particolare di ChatGPT e dei suoi sviluppi nelle attività bancarie, ma di certo ci sono aree in cui la finanza e l’intelligenza artificiale possono collaborare, l’una a supporto dell’altra. Questa collaborazione, per certi versi, potrebbe rappresentare il trasferimento ufficiale delle big tech companies dalla Silicon Valley a Wall Street, insieme alle big financial institutions.
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