I contratti a termine negoziati su mercati regolamentati e scritti su asset tangibili (i.e. “commodity futures”) inglobano nel prezzo l’eventuale costo di stoccaggio della materia prima sottostante.

Il nuovo virus identificato come “Covid-19” continua ad esercitare pressioni degne di nota sui mercati finanziari. Nello specifico, i prezzi del petrolio (e – con un effetto meno evidente – quelli di altre commodities) sono oggetto da alcune settimane di alta dispersione al ribasso.

La tendenza di fondo dei mercati sembra continuare a seguire i “soliti” driver, ma, davanti ad un evento non previsto, quello che Taleb chiamerebbe “Black Swan”, come il coronavirus, la prima reazione degli operatori di mercato è negativa.

Nei momenti successivi, la paura iniziale si riduce poiché la storia ha insegnato che davanti ad eventi in grado di inficiare la stabilità dei prezzi le Banche Centrali prendono misure (convenzionali e non) per sopperire al problema. I banchieri centrali degli ultimi anni hanno mostrato che uno stimolo in medias res potrebbe essere quello di stimolare il mercato mediante iniezione di ulteriore liquidità in modo tale da riportare le aspettative degli operatori ad una condizione comune ed ottimistica sulla stabilità dei prezzi (per una trattazione più rigorosa si rimanda a Barro & Gordon, 1983).

Al fine di toccare con mano la paura del mercato, si propone di osservare l’andamento dell’Indice di Volatilità VIX che viene calcolato a partire dalla volatilità implicita nelle opzioni sullo S&P500:

Un ulteriore indicatore di bassa fiducia nel mercato, anche se non esplicito, è e.g. l’investimento nei cosiddetti “Beni Rifugio”, uno su tutti l’oro, che in questo periodo di incertezza sta vedendo il suo prezzo salire:

Gli agenti, spaventati dalla volatilità, tendono a selezionare attività storicamente stabili e/o comunque decorrelate con l’andamento del mercato.

Quanto segue dunque può essere inteso come un effetto temporaneo dovuto alla risposta non totalmente razionale (come potrebbe essere stato e.g. lo short-selling delle compagnie assicurative ed aeree successivamente alla tragedia dell’11/09) del mercato davanti ad aspettative sulla congiuntura dal lato della domanda non propriamente positivi.  In altre parole, gli operatori preferiscono in un certo senso proteggere le proprie posizioni per poi “normalizzare” i portafogli una volta cambiate le aspettative sulle prossime politiche monetarie (i.e. eventuali aumenti in interventi diretti come APP ovvero forward guidance).

Nel brevissimo dunque l’assetto macroeconomico asiatico potrebbe peggiorare e, di conseguenza contagiare altre economie apparentemente ancora non colpite dallo stesso evento (cfr. “spill-over effect”).

Si resta dunque in attesa degli annunci che arriveranno dalla ECB (12 Marzo) e dalla Fed (18 Marzo).

Fatta la premessa iniziale, si può procedere a descrivere la situazione attuale nel mercato a termine delle commodities (del petrolio su tutte).

Da inizio 2020, il prezzo del greggio ha avuto una variazione in negativo del 25% circa: il calo è dovuto in parte al culmine raggiunto nella crisi tra Iran e U.S.A., ma certamente vi è una relazione con lo sviluppo del coronavirus all’interno ed al di fuori della Cina.

A partire dalla seconda metà di gennaio, è possibile infatti osservare un grado di correlazione negativo tra il numero di casi accertati di individui affetti da Coronavirus ed il prezzo (future) del petrolio, sia per quanto riguarda il brent che per la sua controparte texana (WTI).

A titolo esemplificativo, si considerino i due chart di seguito relativi ai futures a breve (scadenza aprile 2020) sul petrolio europeo (Brent) e su quello texano.

 

Entrambi i futures hanno iniziato una discesa alla notizia della diffusione del Covid-19 in Asia al di fuori della Cina (Corea del Sud, e Giappone in particolare).

La struttura a termine del Brent potrebbe essere esposta ad un rischio contango: la (sempre più) debole domanda di materie “raw” da parte della Cina ha – mediante un meccanismo di recepimento pressoché immediato degli shock dal lato della domanda – condotto ad un evidente calo del prezzo a termine, facendolo avvicinare a quello spot.

Come è stato accennato all’inizio dell’articolo, il prezzo future di una commodity è evidentemente influenzato dal costo di stoccaggio (che include – ovviamente – il prezzo per il trasporto); al fine di non avere arbitraggi non rischiosi è necessario infatti che il prezzo Future sia pari al prezzo a pronti capitalizzato al tasso privo di rischio al netto del costo di stoccaggio.

L’outbreak del coronavirus ha manifestato un effetto diretto sul costo di stoccaggio del petrolio all’interno delle petroliere (le cosiddette “supertankers”), infatti un numero sempre maggiore di società che si occupa dello stoccaggio in strictu sensu evidenzia che molte spedizioni nelle “linee” tra U.S.A. e Asia restano semi-vuote, incrementando così il costo “unitario” di stoccaggio (si tenga conto che una supertanker può trasportare – in media – 160,000 metri cubi di petrolio).

Di norma, in questo periodo dell’anno la curva dei tassi forward per lo stoccaggio è in una situazione (normale) opposta al contango: si parla di backwardation (prezzo spot maggiore rispetto a quello a termine): questa condizione è dovuta alla stagionalità nella domanda di Gas Naturale Liquido (LNG), che, alla fine dell’inverno, tende ovviamente a diminuire.

Quest’anno la domanda nella medesima fase è stata ulteriormente indebolita a causa proprio degli effetti del coronavirus sull’economia reale sollecitando così i tassi a pronti per lo stoccaggio (verso un rialzo) tanto da condurre ad una situazione di contango (ovvero la tendenza dei prezzi future al valore spot, seppur rimanendo al di sopra di essi). Intuitivamente, un mercato in contango è oggetto di surplus dal lato dell’offerta.

 

Si noti che il fatto che il mercato sia in un momento di contango è noto, infatti è notizia di poco tempo fa quella per cui le principali società che si occupano di “spedizione” di petrolio siano alla ricerca di navi da utilizzare come “magazzini galleggianti”. Alla luce dei recenti sviluppi dovuti al Covid-19 (i.e. demand weakening) l’aumento delle supertankers – almeno nel vicino futuro – è improbabile.

Nello specifico, l’economia americana potrebbe recepire l’erosione della domanda estera dovuta all’indebolimento delle economie (per ora ne hanno risentito i soli outlook e si sono verificate varie oscillazioni sui mercati finanziari, una su tutte quella sul petrolio).

Per il momento, immaginare miglioramenti in senso positivo dei prezzi del petrolio è considerabile prematuro, nonostante la fiducia nel fatto che le Autorità cinesi stiano facendo di tutto per mantenere sotto controllo la situazione sanitaria.

Stando alle dichiarazioni dell’OPEC (Organizzazione dei Paesi esportatori di Petrolio), per tutto il 2020 è prevista una riduzione della domanda rispetto al precedente anno, mentre l’EIA (Agenzia Internazionale dell’Energia) ha presentato un outlook con cali decisamente più forti rispetto a quelli previsti dall’OPEC ma con un recupero più rapido a partire dal terzo trimestre.

Per rendere l’idea, nel primo trimestre dell’anno corrente c’era un’aspettativa di domanda per ca. 800,000 barili al giorno, per effetto del Coronavirus, il livello attuale è di poco al di sotto dei 450,000 barili.

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